giovedì 4 ottobre 2007

LA MOZIONE PARLAMENTARE- Equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne. Politiche di inclusione sociale, crescita e sviluppo

(per l’armonizzazione della normativa interna a quella UE, riduzione del divario fra i generi in termini di prestazioni lavorative e pensionistiche e per incentivare l’incremento del tasso d’occupazione dei lavoratori più anziani)

MOZIONE

La Camera,

premesso che:

la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione (2005/2114) giunta ormai allo stadio di ricorso in Corte di Giustizia (causa C-46/07) per incompatibilità con il diritto comunitario, ed in particolare con il principio di parità retributiva fra uomini e donne, della normativa italiana che prevede età pensionabili diverse per uomini e donne, considerato anche che la maggioranza degli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea prevedono un’identica età pensionabile per uomini e donne;

la procedura d’infrazione riguarda il regime previdenziale per i dipendenti pubblici. L’art. 5 d. lgs. N. 503/1992 e l’art. 2, par. 21, 1.n. 335/1995 dell’ordinamento italiano prevedono infatti un’età pensionabile di 60 anni per i dipendenti pubblici di sesso femminile e di 65 anni per i dipendenti pubblici di sesso maschile. Il Collegio dei Commissari ritiene che tale trattamento previsto dalla legge italiana sia in contrasto con l’ordinamento comunitario, in particolare con l’articolo 141 del Trattato CE che, nel primo comma, dispone che ciascuno Stato membro debba assicurare “l’applicazione della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e nel secondo comma precisa che “per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo”. In effetti, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, le pensioni erogate dallo Stato agli ex dipendenti pubblici costituiscono”retribuzione” ai sensi dell’art.141 ogniqualvolta siano corrisposte esclusivamente in virtù di un rapporto di lavoro. Pertanto, tra uomini e donne che svolgano lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, non devono sussistere forme di trattamento meno favorevole anche rispetto alle pensioni di vecchiaia.

per preparare adeguatamente il passaggio a un’economia europea competitiva e dinamica è necessario, come è stato auspicato dal Consiglio europeo, “modernizzare il modello sociale europeo, investendo nelle persone e combattendo l’esclusione sociale”;

la strategia di Lisbona, elaborata dal Consiglio europeo nel marzo del 2000, impegna i paesi membri dell’Unione a raggiungere entro un decennio obiettivi che configurino un programma di crescita ambizioso attraverso riforme economiche, nuove politiche attive per l’inclusione sociale e la modernizzazione dei sistemi previdenziali;

per quanto riguarda il mercato del lavoro, la strategia di Lisbona ha indicato una serie di obiettivi tra cui “accrescere il tasso di occupazione attuale da una media del 61% a una percentuale che si avvicini il più possibile al 70% entro il 2010” e “aumentare il numero delle donne occupate dall’attuale media del 51% a una media superiore al 60% entro il 2010”;

la strategia di Lisbona se da una parte afferma che il modello di welfare europeo “con i suoi progrediti sistemi di protezione sociale, deve fornire un supporto alla trasformazione dell’economia della conoscenza”, dall’altra avverte che questi sistemi “devono essere adattati, nel contesto di uno stato sociale attivo per dimostrare che il lavoro “paga”, per garantire la loro sostenibilità dei sistemi pensionistici in contesti temporali diversi sino al 2020 e oltre, se necessario”;

la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 in materia di pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne e in materia di occupazione e impiego richiama nell’articolo 9 il divieto di discriminazione retributiva, in particolare nel “stabilire limiti di età differenti per il collocamento a riposo”;

la più recente “Relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale 2007” della Commissione europea elenca tra le priorità italiane quella di incrementare la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare, delle donne, dei giovani e degli anziani;

queste priorità possono essere soddisfatte, tenendo presente l’andamento demografico italiano ed europeo e il progressivo invecchiamento della popolazione, ritardando l’uscita dal lavoro per garantire la sostenibilità finanziaria del welfare e per assicurare prestazioni pensionistiche capaci di garantire livelli vita soddisfacenti e promuovendo una riforma universale del sistema degli ammortizzatori sociali essenziale per rendere più flessibile il mercato del lavoro;

la Commissione europea manifestava, infatti, una particolare preoccupazione sul tema delle pensioni in Italia affermando la necessità per il nostro Paese di “proseguire il processo destinato ad armonizzare l’effettiva età del pensionamento per gli uomini e le donne”, garantendo così una progressiva riduzione del divario fra i generi in termini di prestazioni pensionistiche e per incentivare l’incremento del tasso d’occupazione dei lavoratori più anziani;

in Italia, l’occupazione femminile, seppur in aumento, è ancora molto lontana dai livelli degli altri paesi europei e dall’obiettivo indicato dalla strategia di Lisbona. Bassa è, inoltre, la consapevolezza che la crescita e sviluppo del nostro paese e la compatibilità del sistema del welfare dipendono, in buona misura, dalla capacità che avremo di aumentare la qualità e la quantità dell'occupazione femminile e di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro delle donne o di favorirne il reingresso;

i maggiori ostacoli all’ingresso, alla permanenza e alla crescita professionale delle donne nel mercato del lavoro sono costituiti dalla prevalenza di una cultura maschilista e da pregiudizi sessisti nel mercato del lavoro, dal modesto contributo degli uomini ai lavori domestici e alla cura dei bambini e degli anziani, dalla scarsa disponibilità di servizi che riducano i problemi di conciliazione fra lavoro e cura della famiglia delle lavoratrici, dalla poca attenzione delle imprese alla necessità di valorizzare e gestire le differenze di genere e dalle scarse risorse dedicate all’interno del welfare alla maternità, ai servizi per i bambini e al sostegno alle madri single;

per superare questi ostacoli occorre promuovere un complesso coordinato d’interventi da parte delle imprese, delle istituzioni centrali e locali, delle parti sociali e delle lavoratrici e dei lavoratori nonché intervenire sui fattori culturali che determinano in maniera significativa gli handicap sociali di cui è portatrice la donna che vuole entrare nel mondo del lavoro;

e considerato che:

la parificazione dell’età pensionabile tra uomini e donne determinerà un risparmio degli oneri previdenziali;

tale risparmio libera risorse parzialmente utilizzabili per sostenere le azioni di politica attiva a favore delle donne;

tale politica rientra comunque negli obiettivi di Lisbona, beneficiando del sostegno finanziario connesso all’utilizzo dei relativi strumenti;

le finalità dei molteplici interventi in tale campo convergono nell’obiettivo finale di migliorare la posizione complessiva delle donne nella società;

è possibile procedere ad una valutazione dei costi e dei risparmi derivanti dagli interventi proposti al fine di pervenire ad una combinazione più efficiente dell’azione complessiva di politica attiva a favore delle donne senza determinare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello stato

impegna il Governo:

a provvedere, prima della prevedibile condanna da parte della Corte di Giustizia, ad una armonizzazione del sistema pensionistico italiano e ad un adeguamento agli standard europei, equiparando l’età pensionabile tra uomini e donne e promuovendo politiche capaci di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori;

a potenziare, conformemente agli obiettivi dell’Agenda di Lisbona, le politiche attive per l’occupazione e per l’inclusione sociale e la modernizzazione dei sistemi previdenziali, con un particolare attenzione alla condizione femminile e alle discriminazione delle donne nel campo sociale e lavorativo;

a dar corso ad una vera riforma universale del welfare realizzabile anche con i fondi scaturenti dall’equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne, auspicando un complessivo e progressivo aumento dell’età pensionabile;

a promuovere una serie di riforme e azioni politiche espresse nei seguenti 18 punti programmatici, conformi agli auspici comunitari e indispensabili per una crescita complessiva del nostro Paese;

a favorire Interventi strutturali dello Stato, in coordinamento con le Regioni e gli Enti locali, per le pari opportunità fra donne e uomini, per superare i pregiudizi contro le donne e gli ostacoli alla loro assunzione e per conciliare i diritti e i doveri di genitorialità e cura della famiglia con il diritto al lavoro e all’indipendenza economica;

1. Nel quadro di un progressivo aumento dell'età pensionabile, equiparare l’età pensionabile di donne e uomini, che tenga adeguatamente conto del livello dei mutamenti dell'aspettativa di vita;

2. Programmare l’aumento della spesa per il welfare dedicata all’assistenza sociale e al sostegno dei carichi familiari e del lavoro di cura sino ad almeno al 2,3% del Pil entro il 2010;

3. Monitorare, in modo vincolante e continuo, la realizzazione del Piano nazionale per i servizi socio-educativi previsto dalla Legge finanziaria per il 2007, per raggiungere l’obiettivo europeo di offrire un servizio di asilo nido, o equivalente secondo precisi standard pubblici di qualità del servizio, ad almeno il 33% dei bambini da uno a tre anni entro il 2010;

4. In connessione con il punto precedente, incentivare la diffusione degli asili nido aziendali, dei micro asili condominiali e delle imprese e delle organizzazioni non-profit di servizi socio-educativi (tagesmutter e simili);

5. Introdurre la riduzione delle rette o altre forme di facilitazione all’accesso ai servizi socio-educativi di cui al punto precedente per le famiglie a basso reddito e per le donne single;

6. Incentivare l’offerta di lavoro femminile con l’incremento dei sostegni già esistenti al reddito delle lavoratrici, soprattutto in entrata, anche attraverso riduzioni fiscali;

7. Attivare il lavoro occasionale di tipo accessorio per la cura della casa, dei bambini e degli anziani favorendo, anche con incentivi fiscali, l’ingresso dei voucher per il pagamento di questo tipo di lavori nella integrazione della retribuzione dei lavoratori;

8. Vincolare la concessione degli attuali incentivi alle imprese “family friendly” sulla base di parametri identificati e misurabili, quali:

a. pari rappresentazione dei sessi a tutti i livelli di mansione e di carriera e parità di retribuzione fra lavoratrici e lavoratori;

b. applicazione di forme flessibili di orario o di tecnologie di telelavoro per la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi dedicati alla cura familiare;

c. costituzione di asili nido aziendali o di altre forme di servizi socio-educativi e di sostegno alla genitorialità interni all’azienda;

9. Liberalizzare gli orari di apertura degli esercizi commerciali e delle banche, anche nelle ore serali e nei giorni festivi.

10. Promozione dei permessi e dei congedi di paternità, anche attraverso incentivi e piani concordati con il singolo lavoratore e attraverso la trasformazione degli attuali congedi parentali in congedi di paternità non cedibili alle consorti, affinché la genitorialità diventi un valore di cui tutta la società si fa carico;

11. Generalizzazione e promozione dell’istituto contrattuale della Banca delle ore;

12. Promozione per entrambi i sessi dell’orario di lavoro flessibile in entrata e in uscita, personalizzato e del part time reversibile;

13. Promozione per entrambi i sessi del telelavoro, anche al 50% pomeridiano, nonché incentivazione di metodologie di ricerca di nuove forme alternative di lavoro non in presenza;

14. Diffusione dei voucher di conciliazione da utilizzare per i piccoli lavori domestici e di cura dei bambini, degli anziani e delle persone non autosufficienti;

15. Promozione del parternariato fra aziende, Comuni e Regioni per il potenziamento degli asili nido pubblici, delle strutture sportive e culturali dopo la scuola e dei servizi di cura e sostegno degli anziani, in particolare dei non autosufficienti, anche con l’utilizzo dei voucher;

16 Programmazione e progettazione di formazione continua anche in modalità e-learning assistita da technology tutor destinata a donne che rientrano dalla maternità o comunque che desiderino re-immettersi nel mercato del lavoro;

17 Promozione nelle aziende del “diversity” e “mobility management” ;

18 Rilanciare una strategia di sostegno e incentivo all’imprenditorialità femminile, che non disperda l’esperienza positiva dimostrata in anni di applicazione dalla legge 215/1992.

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